Il Pd, per dirla con Pier Luigi Bersani , doveva essere il partito del secolo . Doveva durare almeno cent’anni «perché mica facciamo un altro partito domani mattina eh!». Non molto tempo dopo Bersani uscì dal Pd e fondò un nuovo partito: Articolo 1 . Poi negli anni sono usciti per ragioni diverse Carlo Calenda , Matteo Renzi e così via. E il partito del secolo ha perso un’altra volta le elezioni politiche. I dem nel bene e nel male sono al centro del sistema politico italiano da molti anni e sono anche i campioni mondiali nell’analisi della sconfitta . Ma i consensi, almeno in percentuale e non in voti assoluti, alla fine sono sempre più o meno quelli. Enrico Letta ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare e alla fine è andato come Renzi nel 2018, cioè male. Ma se si sommano i voti di Pd e di Terzo Polo non si va lontano da quella comfort zone del 30 percento fisiologica per il centrosinistra italiano soprattutto da quando i poli sono diventati tre con la nascita, la crescita e la discesa pur frenata nelle ultime settimana dei Cinque Stelle . Il problema dunque più che di numeri è di prospettiva politica e non è impossibile da spiegare .
I teorici del bisogno e i teorici del merito
Il Pd è nato, per dirla con una vecchia frase di Claudio Martelli riferita ai socialisti, per essere il partito che si occupa del bisogno e del merito, ma il gioco funziona se ci si continua ad occupare di entrambe le cose. Di proteggere gli ultimi e i penultimi e di quello che lo stesso Martelli definiva il dolore della società parafrasando Milton («Il dolore è miseria perfetta») ma anche di far funzionare l’ascensore sociale , di garantire una eguaglianza delle opportunità . Il Pd funziona se oltre alla protezione (e qui si può certamente migliorare) riesce a anche a infondere, in tempi difficili, un po’ di fiducia e di speranza per le giovani generazioni. Ma soprattutto il Pd può tornare a vincere se non rinuncia a parlare al mondo del lavoro ma anche a quello delle imprese , anche se la competizione è più dura e il lavoro più fragile. C’è un problema poi specificamente italiano e perché no anche emiliano nell’ampia costellazione delle sinistre: i teorici del bisogno , spesso davvero solo teorici non amano, per usare un eufemismo, i teorici del merito , anche qui spesso solo teorici. E viceversa. Ai tempi delle primarie tra Bersani e Renzi i rispettivi supporter si sentivano più vicini agli avversari politici che all’avversario alle primarie.
L’incapacità di stare insieme
Per molti elettori di sinistra Calenda e Renzi sono peggio di Meloni e Salvini e molti elettori del Terzo Polo non vogliono più dividere neanche un metro di strada con Bonelli e Fratoianni . Difficile così costruire qualcosa che torni verso il trenta percento, area di copertura minima dell’elettorato per competere nel gioco delle elezioni. Per spiegare l’incapacità del centrosinistra di stare insieme (in fondo il Pd era nato anche e soprattutto per questo) servirebbe una teoria psicanalitica dell’elettorato più che una teoria politica. Nelle altre democrazie occidentali convivono nel Partito democratico o nel partito laburista sia i teorici del bisogno che quelli del merito ma di solito sono i congressi, le primarie a decidere chi prevale e poi alle elezioni si sta dalla stessa parte.
Il vantaggio sulla destra non è più scontato
È chiaro che nelle società globalizzate, fiaccate dalla crisi economica, dalla pandemia, dalla guerra e dalla crisi energetica la domanda di protezione cresce disorientando i partiti più riformisti e liberali ma quasi sempre questo bisogno di rappresentanza viene coperto a destra . In Emilia-Romagna il Pd e il centrosinistra sono andati meglio che altrove anche se, su questo ha ragione il governatore Stefano Bonaccini , questo non è più scontato. E non è un caso che i principali competitori per la guida futura del Partito democratico vengano da queste terre. Però questo non basta più né al centrosinistra emiliano, né al Pd locale e nazionale.
Un’inchiesta su cosa pensa la base
Abbiamo deciso di avviareun’inchiesta sul congresso del Pd , cominciando a sentire tutti gli ex segretari del Pd, dei Ds e della Margherita, del Pds e del Pci . E daremo la parola ai lettori, agli intellettuali, ai dirigenti e amministratori del partito, agli iscritti ai simpatizzanti per cercare di capire cosa pensa la base del partito (scriveteci la vostra opinione all'indirizzo web@corrieredibologna.it). Da oggi parte il congresso e vada come vada sarà un viaggio lungo e importante per il principale partito della sinistra italiana . In queste settimane sono in tanti che invitano il Pd a tornare a sinistra e a sperimentare l’unità ma sono passaggi delicati e le cose non sono così semplici. Primo, perché l’unità, per evitare i disastri del passato va costruita sui contenuti e come dimostrano le ultime elezioni politiche non è un esercizio facilissimo. La seconda è perché di sicuro il Pd deve riscoprire alcuni valori fondanti ma non bisogna neanche dimenticare da dove parte il lungo viaggio della sinistra italiana. Achille Occhetto quando guidò la gioiosa macchina da guerra contro il muro di Berlusconi era sicuramente di sinistra. Poi, fu un certo Massimo D’Alema a salire le scale di via Gerusalemme per convincere un Professore reggiano trasferito a Bologna a metterci la faccia, ad unire il centrosinistra italiano. Da lì nacque l’Ulivo e qualcosa di nuovo e il primo centrosinistra di governo perché prima di allora, anche per ragioni storiche, il centrosinistra aveva vinto solo le elezioni amministrative.
L’Italia non è l’Emilia-Romagna
Le ragioni per cui a metà degli anni ‘90 si capì che un partito della sola sinistra non sarebbe andato da nessuna parte e che bisognava unire gli elettori provenienti da diverse culture, da quella repubblicana a quella socialista a quella cattolica , restano valide anche oggi. Perché l’Italia, come capì bene Pier Luigi Bersani quando sbagliò un rigore a porta vuota nel 2013, non è l’Emilia-Romagna. E torniamo sempre lì, all’inizio di tutta la storia: il nuovo partito dovrà occuparsi del bisogno e del dolore e insieme della speranza del futuro. E quindi più che andare a sinistra o a destra bisognerà tornare nel cuore del progetto originario del Partito democratico. All’inizio di tutto. Il primo a capire tutto questo, quando era in attività, fu Massimo D’Alema che oggi è su un’altra sponda di pensiero e dice che «le élite economiche e culturali del Paese, quelle che leggono i giornali, non hanno più rapporti con la realtà» e probabilmente ha pure ragione. Ma la realtà ha la testa dura come dimostrano i primi prudentissimi passi di Giorgia Meloni e chi deve ricostruire il Pd deve tenerne conto anche se non va più di moda.
La newsletter del Corriere di Bologna
Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di Bologna e dell’Emilia-Romagna iscriviti gratis alla newsletter del Corriere di Bologna . Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.
Anzola dell'Emilia Argelato Baricella Bazzano Bentivoglio Bologna Borgo Tossignano Budrio Calderara di Reno Camugnano Casalecchio di Reno Casalfiumanese Castel Guelfo di Bologna Castel Maggiore Castel San Pietro Terme Castel d'Aiano Castel del Rio Castel di Casio Castello d'Argile Castello di Serravalle Castenaso Castiglione dei Pepoli Crespellano Crevalcore Dozza Fontanelice Gaggio Montano Galliera Granaglione Granarolo dell'Emilia Grizzana Morandi Imola Lizzano in Belvedere Loiano Malalbergo Marzabotto Medicina Minerbio Molinella Monghidoro Monte San Pietro Monterenzio Monteveglio Monzuno Mordano Ozzano dell'Emilia Pianoro Pieve di Cento Porretta Terme Sala Bolognese San Benedetto Val di Sambro San Giorgio di Piano San Giovanni in Persiceto San Lazzaro di Savena San Pietro in Casale Sant'Agata Bolognese Sasso Marconi Savigno Vergato Zola Predosa