Per il Napoli, la partita di Cremona rappresentava l’occasione per dare continuità al momento entusiasmante che la squadra sta attraversando in questa fase della stagione. All’indomani di Amsterdam, dunque, occorreva mostrare ancora una volta il lato migliore del calcio proposto dagli uomini di Spalletti.
Anche perché i grigiorossi, in casa loro, sono sempre stati un vero e proprio tabù per gli azzurri, che non avevano mai vinto allo Zini in campionato.
Dando uno sguardo ai precedenti, infatti, prima d’ora si registravano 18 scontri totali in Serie A, con 4 vittorie della Cremonese (tutte in casa), 7 pareggi (5 in terra lombarda) e 7 successi del Napoli. Ma nessuno in trasferta.
I padroni di casa hanno offerto una prestazione ricca d’orgoglio, caratterizzata dalla freschezza di un atteggiamento intraprendente, tutt’altro che conservativo o attendista.
Al Napoli, come spesso accade, è bastato affidarsi ai cardini del suo gioco per vincere in maniera netta. Confermando il naturale stato delle cose. Ovvero, un livello assai diverso rispetto all’avversario odierno. Anche se oggi, per larghi tratti, non s’è vista una abissale differenza. Evidenziando come la Cremonese, probabilmente, non meriti la classifica attuale.
Paradossalmente, il suo dramma nasce dal fatto di non avere grandi limiti tecnici nei fondamentali del ruolo. Del resto, il rendimento attuale dell’Airone rappresenta una ventata di freschezza, forse una delle notizie migliori in casa Napoli. Ha somatizzato qualche imprecisione di troppo con i piedi, retaggio di difficoltà ormai accantonate. A certificarlo, la reattività con cui sbroglia un retropassaggio pigro di Anguissa al 28’, potenzialmente pericolosissimo. Per il resto, mantiene intatte la freddezza e l’istinto tra i pali, che gli hanno permesso di comportarsi impeccabilmente nel ripulire l’area in presa alta.
Molto dentro al campo, stile Cancelo con il City di Guardiola, lavora su questa attitudine per generare interessanti situazioni di sovrannumero nei cd. “mezzi spazi”. Uno sviluppo tattico fortemente orientato a consolidare il possesso, lui che generalmente è maggiormente portato a scattare in profondità o sovrapporsi. Subito lo svantaggio, la Cremonese alza tanto la posizione di Valeri. Eppure, il Capitano non dimostra alcuna difficoltà nel contenerne le sfuriate, frustrandone puntualmente i tentativi.
Impegnato tanto nella costruzione, conseguenza dell’atteggiamento tenuto dall’avversario, che ha scelto volutamente di abbassare il baricentro e marcare ad personam Lobotka, piuttosto che pressare con intensità in avanti. Al 2’ si mette in proprio e spacca letteralmente la traversa, al culmine di un tambureggiante coast to coast. Si lascia sfuggire ingenuamente Dessers al 34’, ma Kim lo copre efficacemente. Offre un contributo prezioso, facendo a sportellate con il centravanti belga, ma se lo perde clamorosamente quando l’ex Feyanoord pareggia.
(dal 81’ Østigård: s.v.)
Prende il posto nel finale dell’infortunato Rrahmani e si limita a preservare la zona di competenza.
Lucido sull’uomo e nell’anticipo, nel condizionare i comportamenti offensivi della Cremonese, schermando le linee di passaggio a Dessers. Supporta egregiamente il compagno di reparto le volte in cui il kosovaro cala nell’attenzione. Rende inoffensivi i tentativi di Alvini, funzionali ad esplorare il lancio lungo a scavalcare la mediana partenopea e poi riconquistare eventualmente le seconde palle. Ma le prende praticamente tutte lui.
Classico terzino in grado di coprire tutta la fascia, riesce a sopravvivere nella baraonda creata dalle palle lunghe grigiorosse con la proverbiale cattiveria agonistica, abbinata ad un eccellente timing nello staccare, che ne annulla l’evidente mancanza di centimetri. Alza progressivamente il raggio d’azione, permettendo a Kvaratskhelia di muoversi con maggiore libertà nella trequarti altrui. Si alterna con il georgiano nell’occupare l’ampiezza. Disegna un arcobaleno con il mancino, offrendo a Simeone un succulento cioccolatino, da scartare senza remore.
Entra per far rifiatare un esausto Mario Rui. Si trova pronto all’appuntamento sotto rete, ma lui ci mette del suo, con scelta di tempo puntuale e coraggio.
Abile negli inserimenti senza palla e nelle corse guardando la porta, però non ha mai dimostrato il tradizionale dinamismo e la brillantezza solita in fase di non possesso. Una stanchezza mentale che ha finito per svilire notevolmente la qualità del giropalla partenopeo. Pigro nell’uno contro uno che ha liberato Ascacibar tra le linee, portando al momentaneo pareggio.
L’allenatore della Cremonese decide di mettergli fisso addosso un giocatore: Dessers quando lo slovacco si proponeva verso i centrali, per far risalire la palla dal basso. Afena-Gyan nella trequarti offensiva, dove il pivote azzurro provava a ritagliarsi spazi vitali, asfissiato dal pressing individuale. Nonostante abbiano cercato di estrometterlo dalla centralità della manovra, ha comunque nascosto palla con la tranquillità che lo contraddistingue, dialogando nello stretto con i compagni. Ha risposto con sicurezza e senza forzature alla complessità del piano gara pensato da Alvini per sterilizzarne il gioco.
Ha provato a giocare in supporto del centrocampo, muovendosi negli spazi di mezzo. Finisce presto la benzina e quindi scompare poco alla volta dal gioco collettivo, tentando di mantenersi a galla attraverso colpi individuali, un filo troppo ambiziosi. In ogni caso, a mantenerlo sopra la linea di galleggiamento provvede lo spirito di abnegazione. A differenza di Zielinski, non ha la medesima esplosività nel primo passo, ideale per strappare e sottrarsi all’aggressività là in mezzo. Tuttavia, la prima mezz’ora ha scambiato nel breve con qualità, favorendo l’uscita pulita dell’attrezzo sotto pressione. Lo ammanta una specie di velo, che la rende ancora un tantino opaco e distante dal centrocampista completo, pagato uno sproposito dal Tottenham.
Titolare di letture e killer instinct da centravanti vero. Animato, negli ultimi sedici metri, da una condotta mortifera, tipica di chi vive e gestisce i suoi movimenti soltanto per il gol. Prende posizione, inserendosi tra la palla ed il marcatore diretto, rendendo arduo sottrarglielo. Con la sensibilità di chi “sente” la porta, prima ancora che vederla, prende l’ascensore per incocciare il cross di Mario Rui e raddoppiare. Per certi attaccanti, in taluni momenti della carriera, il pallone sembra davvero il miglior amico.
È un generoso, non si risparmia nelle accelerazioni che costringono l’avversario a correre all’indietro. Quando parte in velocità e punta, diventa incredibilmente efficace. Si può dire che i tagli interni e la preparazione al tiro siano una delle sue migliori qualità per destrutturare la compattezza sottopalla dei padroni di casa. Ovviamente, non l’unica. Oltre a garantire l’ampiezza, riusciva a ricevere tra le linee e quasi a memoria cambiava gioco per l’esterno aperto sul lato debole, favorendo il ribaltamento del fronte d’attacco.
Subentra all’affaticato Politano e prova a facilitare lo sviluppo della manovra in fase di possesso, generando vantaggi in transizione, con la Cremonese affannosamente riversatasi nella metà campo del Napoli. Triplica, ricevendo un regalone da Kvaratskhelia e dopo obbliga Radu ad una paratona.
Il principale nodo di raccordo verso la zona d’attacco. Continua a spostarsi in appoggio alla manovra come se fosse indiavolato. I movimenti ad abbassarsi verso il possessore avrebbero dovuto, nelle intenzioni di Spalletti, costituire il collegamento verso la zona di rifinitura e finalizzazione. Oltre a consentire alla squadra di salire con il pallone, mangiando campo, pur mantenendosi stretta e corta tra i reparti. E’ innegabile che la manovra offensiva sfrutti il lavoro di protezione del pallone, favorevoli a stimolare entrambe le catene laterali. Chiama comunque in causa Radu in tre circostanze: al 20’ si gira repentinamente, concludendo debolmente. Medesima scena all’alba della ripresa ed al 55’. Ma il portiere compie un doppio balzo prodigioso, strozzando in gol la gioia della rete a Jack prima e Anguissa dopo.
Rende maggiormente equilibrato il centrocampo, quando l’uomo di Certaldo decide di ridisegnare la squadra, spostando il baricentro decisamente in avanti, a caccia dei tre punti.
I suoi tentativi di giocarsi l’uno contro uno con Sernicola sembravano senza sbocchi. Determinante nelle letture, perché ha provato ad accelerare a sinistra e non trovando spazi alle spalle del terzino grigiorosso, s’è spostato sull’altro lato. Dove inventa al 23’ il rigore, tagliando internamente. Si ripete al 30’, con un’azione in fotocopia. Non sempre preciso nell’esecuzione. Però un offensive player così devastante ed a proprio agio negli spazi è perfetto per il gioco propositivo di Spalletti.
I princìpi che ha inculcato al gruppo sono la vera certezza del Napoli. Una squadra davvero poco lacunosa, che offre qualità e abbondanza di scelte nella circolazione della palla, funzionali a scovare linee di passaggio comode e target risolutivi. Nella trequarti offensiva il Napoli rimane compatto, combinando sul corto e poi verticalizzando rapidamente. Mentre il baricentro medio ed il controllo degli spazi in fase difensiva, preferiti a una ricerca ossessivamente aggressiva della riconquista del pallone, come oggigiorno detta la moda tattica, rendono gli azzurri veramente credibili per qualcosa di diverso rispetto all’idea estiva, cioè limitarsi a desiderare esclusivamente un posto nelle Fab Four e poco altro.
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