Sicor: è l'innovazione che fa salire gli ascensori - Industria Italiana

2022-10-08 18:00:58 By : Ms. Lisa Zhang

Una seconda fabbrica in India e la prossima costruzione uno stabilmento produttivo in Cina per Sicor, uno dei leader mondiali nella produzione di argani a trazione. L’azienda, con sede a Rovereto, nella provincia trentina, intende però conservare in Italia la produzione per i mercati occidentali e per migliorare il bilancio sta investendo massicciamente, e continuerà a farlo, in innovazione. «Soprattutto la logistica è cruciale per noi» spiega l’amministratore unico Marco Baroncini. E sono i fatti a dargli ragione: nel 2013 l’azienda ha inaugurato un nuovo stabilimento, di cui diremo più avanti, a cui è asservito un sistema di magazzino automatico che consente di immagazzinare e di fornire le linee produttive con più di 6000 pallet; «ciò permette a Sicor di evadere numerosi ordini entro 24/48 ore. Tale capacità di stoccaggio merci colloca l’azienda tra le più flessibili del settore per quanto riguarda rapidità e precisione nelle consegne», afferma Baroncini. Che aggiunge che «la Borsa non è un’opzione; il business si finanzia con capitali propri per la filosofia dell’attuale imprenditore».

Con capitale proprio, 14,3 milioni di euro, d’altronde, è stata finanziata la nuova fabbrica hi-tech completamente automatizzata, inaugurata nel 2013: fabbrica che ha consentito a Sicor di aumentare del 60% la capacità produttiva, del 30% il fatturato e ad assumere 35 nuovi dipendenti. Si tratta solo di una tappa di un percorso teso al continuo miglioramento che è nel dna di questa azienda, esempio significativo dell’industria manifatturiera nazionale di successo, che fattura 60 milioni annui e ha 200 dipendenti. «Investiamo ogni anno circa il 30% del cash generato: l’obiettivo è innovare per ridurre i costi delle nostre macchine, in modo da essere competitivi nel panorama mondiale. Abbiamo un laboratorio di ricerca e una torre prova, che ci serve per il collaudo degli argani. Non abbiamo, invece, un prodotto di punta: ogni mercato ha le sue richieste e dunque le nostre realizzazioni sono su progetto e altamente customizzate. Se devo delineare una tendenza generale nel settore, direi che sicuramente investiamo di più sulle macchine senza ingranaggi che sono il futuro per via dei minori consumi e necessità di manutenzione», dice Baroncini. Grazie alla ricerca, condotta in partnership con l’Università di Trento Sicor ha avviato quattro anni fa la produzione dei motori gearless di piccola taglia, con un investimento complessivo di 3,3 milioni di euro.

I prossimi 24-25 ottobre Sicor sarà presente a Milano all’evento E2 Forum, la seconda edizione della mostra convegno dedicata alle tecnologie per gli edifici e al trasporto verticale, organizzata da Messe Frankfurt Italia e promossa da Anie AssoAscensori (qui  il calendario degli eventi). E non è un caso: il core business di Sicor, come già accennato, è la produzione del “motore”, ovvero del meccanismo che consente all’ascensore di salire e scendere senza cadere. Più in dettaglio si tratta di dispositivi di sollevamento elettromeccanici: un motore elettrico aziona un riduttore di velocità a ingranaggi sul cui albero di uscita è montata una puleggia di frizione. La puleggia è a sua volta dotata di scanalature alle quali si avvolgono le funi che grazie all’attrito e al contrappeso generato fanno muovere in su e in giù il vano dove viaggiano in verticale i passeggeri. Le macchine gearless, senza ingranaggi, sono invece una evoluzione dei classici argani: utilizzano motori elettrici sincroni a magnete permanente senza riduttore, alimentati da corrente continua. Il motore a bassa velocità è collegato direttamente alla puleggia di trazione e non è necessario il sistema di ingranaggi per regolarne la velocità del motore. Si tratta di una tecnologia che permette una riduzione dei consumi elettrici pari al 20-30% e un ingombro che può arrivare alla metà rispetto alle dimensioni di un sistema di sollevamento a corona tradizionale. Ed è per questo che tenderà a essere predominante nel prossimo futuro.

Quello che Sicor fa è appannaggio di poche altre imprese: «I nostri principali competitori sono la ditta Montanari basata a Modena, la Sassi di Bologna, la Torin di Shanghai e, marginalmente, la tedesca Zhiel Abbeg e la Nidec con la divisione ascensori Kinetek», afferma Baroncini. Le macchine di trazione a fune Sicor – circa prodotte 45mila ogni anno – sono progettate e assemblate interamente in Italia, mentre per l’approvvigionamento della materia prima l’azienda conta su un’ampia rete di partner composta da più di 200 fornitori tra italiani e stranieri. Nella fabbrica hi-tech di Rovereto vengono realizzati anche freni elettromagnetici, prima fatti eseguire all’esterno, e una nuova linea “ecologica” per la verniciatura ad acqua. Ma non parlate di digital transformation: «a mio avviso è una parola che, di per sé, non senso», dice Baroncini: «la nostra è una fabbrica automatizzata: l’automazione dei processi permette di ottenere alta qualità e non caricare di costi diretti il prodotto quindi permette di andare su tutti i mercati mondiali senza particolari problemi. Che sia fatto con sistemi digitali dipende solo dalla tecnologia: il concetto di automatizzazione è quello che dà forza alle aziende». Il problema che l’automazione non risolve è un altro. «Avere automatizzato i processi e aver reso il lavoro più confortevole e in un ambiente più sicuro non ha rafforzato la nostra capacità di trovare personale competente. È difficile trovare persone motivate e disposte a muoversi; mediamente il giovane italiano ancora oggi ambisce al posto fisso e le ambizioni sono molto basse. Direi che è il vero problema oggi: trovare personale capace di comprendere esigenze globali ed essendo le aziende fatte dalle persone questo è il task più difficile», afferma Baroncini.

La produzione per l’Occidente, come abbiamo visto, è concentrata in Italia ma per servire i mercati dell’estremo Oriente «abbiamo aperto una filiale produttiva in India, che sta crescendo bene e ci sta dando ottime soddisfazioni. Pertanto sul Paese intendiamo continuare a investire con una nuova fabbrica e vogliamo approdare in Cina. Ma il nostro fatturato è per il 90% generato nei mercati esteri che serviamo utilizzando distributori. Non abbiamo filiali commerciali. Un’area in forte espansione è quella che include l’Egitto, il Marocco, l’Arabia Saudita, il Libano, Iran, Iraq e Kuwait, e vale il 40% del nostro fatturato. Un altro 50% è realizzato in particolare in Russia, Europa, Asia e Sudamerica». In Europa invece, l’obiettivo è «limitare i danni cercando di controllare i costi, che sono sempre più elevati per mancanza di qualsiasi stabile e solida riforma del sistema lavoro. Il nostro obiettivo è mantenere in Europa la produzione per Europa, Medio Oriente e Stati Uniti. Per fare questo investiremo ancora di più in automazione primariamente nella gestione della logistica», spiega Baroncini.

Gli investimenti saranno il faro che guiderà il percorso di questa multinazionale tascabile, piedi saldi in Trenino, mente volta al mondo. Un percorso che finora è stato irto di ostacoli. Sicor nasce quarant’anni fa intorno all’idea di «un gruppo di ascensoristi di focalizzarsi su un prodotto chiave per l’ascensore quale è la macchina di trazione: la prima serie di macchine è a ingranaggi e risponde al nome di Sr. Tra i soci c’è Horst Wittur, fondatore dell’omonimo gruppo tedesco che ancora oggi si occupa di tutta la componentistica per il trasporto verticale, dalle cabine, alle porte, agli elevatori. Ne diventerà socio unico negli anni 2000 e su Sicor farà confluire anche il business delle macchine di trazione a ingranaggi che Kone vuole vendere. Nasce così la serie Mr e viene incorporato lo stabilimento ex Sabiem di Bologna».

Ma la società entra in crisi e il fondo che subentra a Wittur cede Sicor: così nel 2006 l’azienda torna autonoma e nelle mani di un solo imprenditore. E questo rappresenta il vero salto di qualità: «Dal 2006 ad oggi Sicor ha sviluppato una gamma di macchine di trazione a ingranaggi e senza ingranaggi diventando uno dei riferimenti a livello mondiale», racconta Baroncini. Dal 2006 dunque l’azienda inizia a investire in maniera massiccia sull’innovazione e sullo sviluppo di nuovi prodotti: «diversificando siamo riusciti ad aggredire segmenti e mercati diversi aumentando il fatturato, almeno fino al 2016». Due anni fa, infatti, è necessario cambiare di nuovo rotta: «le tensioni introdotte nel mercato mediorientale e russo dalle politiche economiche messe in piedi dagli Stati Uniti (sanzioni e attacchi valutari) ci hanno colpito duramente con un calo del 10% nel 2017 e altrettanto atteso per il 2018. In realtà il calo è stato calmierato dalla crescita su altri mercati. Tuttavia questa riduzione sensibile del fatturato ha generato una contrazione della redditività mentre il settore sta diventando sempre più competitivo: l’aumento, speculativo, delle materie prime non ha aiutato», dice Baroncini. Nel 2017 la proprietà passa di nuovo di mano alla famiglia spagnola Gomis che possiede un marchio leader nel settore delle porte per ascensori, Fermator: «in Italia dunque i Gomis hanno scelto di diversificare nel settore delle macchine a trazione. Sicor rimane tuttavia un business separato».

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